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Alcuni dei reati penali minori, come l'ingiuria, le lesioni semplici, il furto a seguito di querela di parte, la guida in stato di ebbrezza o gli atti contrari alla decenza, saranno affidati alla competenza del giudice di pace. Lo stabilisce il decreto legislativo approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri del 25 agosto 2000, che entrerà in vigore 180 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Si tratta di un novità che completa la riforma del giudice unico di primo grado, e che dovrà avere un effetto deflattivo sulla macchina della giustizia italiana. All'insegna della semplificazione, il decreto legislativo introduce anche la possibilità, per l'offeso, di presentare direttamente al giudice di pace la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere contro chi ha commesso il reato. Più snelle anche le procedure per le indagini giudiziarie, che la polizia dovrà svolgere in un arco di tempo non superiore ai 4 mesi. Dopo la prova data nel settore civile, dunque, tocca ora ai giudici di pace concorrere a una giustizia penale più rapida e più efficace. Facendo leva su sanzioni alternative come le pene pecuniarie, i lavori socialmente utili, l'obbligo di non uscire di casa nei fine settimana. (La Repubblica del 29 agosto 2000)
Ai
giudici di pace i reati penali minori
(Dlgs.
CdM. 25.8.2000)
Una legge innovativa
Il
Presidente della Repubblica
visti
gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
visto
l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
visto
l'articolo 14 e seguenti della legge 24 novembre 1999, n. 468, che
delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla sua entrata in
vigore, un decreto legislativo concernente la competenza in materia
penale del giudice di pace, nonché il relativo procedimento e
l'apparato sanzionatorio dei reati ad esso devoluti, unitamente alle
norme di attuazione, di coordinamento e transitorie secondo i princìpi
e i criteri direttivi previsti dagli articoli 15, 16 e 17;
vista
la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 23 giugno 2000;
acquisiti
i pareri delle competenti commissioni permanenti del Senato della
Repubblica e della Camera dei deputati, a norma dell'articolo 21, comma
1, della citata legge 24 novembre 1999, n. 468;
vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del
... ;
sulla
proposta del Ministro della giustizia;
EMANA
il
seguente decreto legislativo:
TITOLO
I
PROCEDIMENTO
DAVANTI AL GIUDICE DI PACE
CAPO
I
SOGGETTI,
GIURISDIZIONE E COMPETENZA
Art.
1
(Organi
giudiziari nel procedimento penale davanti al giudice di pace)
Svolgono
funzioni giudiziarie nel procedimento penale davanti al giudice di pace:
a)
il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario
ha sede il giudice di pace;
b)
il giudice di pace.
Art.
2
(Principi
generali del procedimento davanti al giudice di pace)
1.
Nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è
previsto dal presente decreto, si osservano, in quanto applicabili, le
norme contenute nel codice di procedura penale e nei titoli I e II del
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ad eccezione delle
disposizioni relative:
a)
all'incidente probatorio;
b)
all'arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto;
c)
alle misure cautelari personali;
d)
alla proroga del termine per le indagini;
e)
all'udienza preliminare;
f)
al giudizio abbreviato;
g)
all'applicazione della pena su richiesta;
h)
al giudizio direttissimo;
i)
al giudizio immediato;
l)
al decreto penale di condanna.
2.
Nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire, per quanto
possibile, la conciliazione tra le parti.
Art.
3
(Assunzione
della qualità di imputato)
1.
Nel procedimento davanti al giudice di pace, assume la qualità di
imputato [1] la persona alla quale il reato è attribuito nella
citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria o nel decreto di
convocazione delle parti emesso dal giudice di pace.
Art.
4
(Competenza
per materia)
1.
Il giudice di pace è competente [2]:
a)
per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 581, 582,
limitatamente alle fattispecie di cui al comma 2 perseguibili a querela
di parte, 590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di
parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa
professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro
o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi
anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni, 593
commi 1 e 2, 594, 595 commi 1 e 2, 612 comma 1, 626, 627, 631, salvo che
ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 632, salvo che ricorra
l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 633 comma 1, salvo che ricorra
l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis, 635 comma 1, 636, salvo che
ricorra l'ipotesi di cui all'articolo 639-bis 637, 638 comma 1, 639 e
647 del codice penale;
b)
per le contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691, 726, comma
1, e 731 del codice penale.
2.
Il giudice di pace è altresì competente per i delitti, consumati o
tentati, e per le contravvenzioni previsti dalle seguenti disposizioni:
1)
articoli 25 e 62 comma 3 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
recante "Testo unico in materia di sicurezza";
2)
articoli 1094, 1096 e 1119 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327,
recante "Approvazione del testo definitivo del codice della
navigazione";
3)
articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n.
918, recante "Approvazione del testo organico delle norme sulla
disciplina dei rifugi alpini";
4)
articoli 102 e 106 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo
1957, n. 361, recante "Testo unico delle leggi per l'elezione della
Camera dei deputati";
5)
articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960,
n. 570, recante "Testo unico delle leggi per la composizione e la
elezione degli organi delle Amministrazioni comunali";
6)
articolo 15 comma 2 della legge 28 novembre 1965, n. 1329, recante
"Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili";
7)
articolo 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362, recante "Norme di
riordino del settore farmaceutico";
8)
articolo 51 della legge 25 maggio 1970, n. 352, recante "Norme sui
referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa
del popolo";
9)
articoli 3, commi 3 e 4, 46 comma 4 e 65 comma 3 del decreto del
Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, recante "Nuove
norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio
delle ferrovie e di altri servizi di trasporto ";
10)
articoli 18 e 20 della legge 2 agosto 1982, n. 528, recante
"Ordinamento del gioco del lotto e misure per il personale del
lotto";
11)
articolo 17 comma 3 della legge 4 maggio 1990, n. 107, recante
"Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano
ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati";
12)
articolo 15 comma 3 del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311,
recante "Attuazione delle direttive n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE
in materia di recipienti semplici a pressione, a norma dell'articolo 56
della legge 29 dicembre 1990, n. 428";
13)
articolo 11 comma 1 del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 313,
recante "Attuazione della direttiva 88/378/CEE relativa al
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti la
sicurezza dei giocattoli, a norma dell'articolo 54 della legge 29
dicembre 1990, n. 428";
14)
articolo 7 comma 9 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74,
recante "Attuazione della direttiva 84/450/CEE in materia di
pubblicità ingannevole";
15)
articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, e 189 comma 6 del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante "Nuovo codice della
strada";
16)
articolo 10 comma 1 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507,
recante "Attuazione della direttiva 90/385/CEE concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai
dispositivi medici impiantabili attivi";
17)
articolo 23 comma 2 del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46,
recante "Attuazione della direttiva 90/385/CEE concernente i
dispositivi medici".
3.
La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 è tuttavia del
tribunale se ricorre una o più delle circostanze previste dagli
articoli 1 del decreto legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito con
modificazioni nella legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7 del decreto legge 13
maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio
1991, n. 203 e 3 del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito
con modificazioni nella legge 25 giugno 1993, n. 205.
4.
Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.
Art.
5
(Competenza
per territorio)
1.
Per i reati indicati nell'articolo 4, competente per il giudizio è il
giudice di pace del luogo in cui il reato è stato consumato.
2.
Competente per gli atti da compiere nella fase delle indagini
preliminari è il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del
circondario in cui è compreso il giudice territorialmente competente.
Art.
6
(Competenza
per materia determinata dalla connessione)
1.
Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di
competenza di altro giudice, si ha connessione solo nel caso di persona
imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.
2.
Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del
giudice di pace e altri a quella della corte di assise o del tribunale,
è competente per tutti il giudice superiore.
3.
La connessione non opera se non è possibile la riunione dei processi, né
tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di
competenza di un giudice speciale.
Art.
7
(Casi
di connessione davanti al giudice di pace)
1.
Davanti al giudice di pace si ha connessione di procedimenti:
a)
se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in
concorso o cooperazione fra loro;
b)
se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od
omissione.
Art.
8
(Competenza
per territorio determinata dalla connessione)
1.
Nei casi previsti dall'articolo 7, se i reati sono stati commessi in
luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al
giudice di pace del luogo in cui è stato commesso il primo reato. Se
non è possibile determinare in tal modo la competenza, questa
appartiene al giudice di pace del luogo in cui è iniziato il primo dei
procedimenti connessi.
Art.
9
(Riunione
e separazione dei processi)
1.
Nei casi previsti dall'articolo 7, prima di procedere all'udienza di
comparizione, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi,
quando questa non pregiudica la rapida definizione degli stessi.
2.
Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 7, il giudice di pace può
ordinare la riunione dei processi quando i reati sono commessi da più
persone in danno reciproco le une delle altre o quando più persone con
condotte indipendenti hanno determinato l'evento o quando una persona è
imputata di più reati commessi con più azioni od omissioni esecutive
di un medesimo disegno criminoso, ovvero ogni volta in cui ciò giovi
alla celerità e alla completezza dell'accertamento.
3.
Prima di procedere all'udienza di comparizione e, comunque, non oltre la
dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice di pace ordina la
separazione dei processi, qualora ritenga che la riunione possa
pregiudicare il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione
di alcuni fra i processi riuniti.
Art.
10
(Astensione
e ricusazione del giudice di pace)
1.
Sulla dichiarazione di astensione del giudice di pace decide il
presidente del tribunale.
2.
Sulla ricusazione del giudice di pace decide la corte di appello.
3.
Il giudice di pace astenuto o ricusato è sostituito con altro giudice
dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento
giudiziario.
4.
Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 3, la corte
o il tribunale rimette il procedimento al giudice di pace dell'ufficio
più vicino.
CAPO
II
INDAGINI
PRELIMINARI
Art.
11
(Attività
di indagine)
1.
Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria
iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del
fatto e per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico
ministero, con relazione scritta, entro il termine di quattro mesi.
2.
Se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria enuncia
nella relazione il fatto in forma chiara e precisa, con l'indicazione
degli articoli di legge che si assumono violati, e richiede
l'autorizzazione a disporre la comparizione della persona sottoposta ad
indagini davanti al giudice di pace.
3.
Con la relazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui
ha acquisito la notizia.
Art.
12
(Notizie
di reato ricevute dal pubblico ministero)
1.
Salvo che ritenga di richiedere l'archiviazione, il pubblico ministero
se prende direttamente notizia di un reato di competenza del giudice di
pace ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di
un pubblico servizio, la trasmette alla polizia giudiziaria, perché
proceda ai sensi dell'articolo 11, impartendo, se necessario, le
direttive. Il pubblico ministero, se non ritiene necessari atti di
indagine, formula l'imputazione e autorizza la polizia giudiziaria alla
citazione a giudizio dell'imputato.
Art.
13
(Autorizzazione
del pubblico ministero al compimento di atti)
1.
La polizia giudiziaria può richiedere al pubblico ministero
l'autorizzazione al compimento di accertamenti tecnici irripetibili
ovvero di interrogatori o di confronti cui partecipi la persona
sottoposta alle indagini. Il pubblico ministero, se non ritiene di
svolgere personalmente le indagini o singoli atti, può autorizzare la
polizia giudiziaria al compimento degli atti richiesti. Allo stesso modo
provvede se viene richiesta l'autorizzazione al compimento di
perquisizioni e sequestri nei casi in cui la polizia giudiziaria non può
procedervi di propria iniziativa.
Art.
14
(Iscrizione
della notizia di reato)
1.
Il pubblico ministero provvede all'iscrizione della notizia di reato a
seguito della trasmissione della relazione di cui all'articolo 11 ovvero
anche prima di aver ricevuto la relazione fin dal primo atto di indagine
svolto personalmente.
Art.
15
(Chiusura
delle indagini preliminari)
1.
Ricevuta la relazione di cui all'articolo 11, il pubblico ministero, se
non richiede l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando
l'imputazione e autorizzando la citazione dell'imputato.
2.
Se ritiene necessarie ulteriori indagini, il pubblico ministero vi
provvede personalmente ovvero si avvale della polizia giudiziaria,
impartendo direttive o delegando il compimento di specifici atti.
Art.
16
(Durata
delle indagini preliminari)
1.
Il termine per la chiusura delle indagini preliminari è di quattro mesi
dall'iscrizione della notizia di reato.
2.
Nei casi di particolare complessità, il pubblico ministero dispone, con
provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini preliminari per
un periodo di tempo non superiore a due mesi. Il provvedimento è
immediatamente comunicato al giudice di pace di cui all'articolo 5 comma
2, che se non ritiene sussistenti, in tutto o in parte, le ragioni
rappresentate dal pubblico ministero, entro cinque giorni dalla
comunicazione, dichiara la chiusura delle indagini ovvero riduce il
termine indicato.
3.
Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini indicati nei
commi 1 e 2 non possono essere utilizzati.
Art.
17
(Archiviazione)
1.
Il pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di
archiviazione quando la notizia di reato è infondata, nonché nei casi
previsti dagli articoli 411 del codice di procedura penale e 125 del
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché dall'articolo 34
commi 1 e 2 del presente decreto. Con la richiesta è trasmesso il
fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa
alle indagini espletate e i verbali compiuti davanti al giudice.
2.
Copia della richiesta è notificata alla persona offesa che nella
notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia
dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione.
Nella richiesta è altresì precisato che nel termine di dieci giorni la
persona offesa può prendere visione degli atti e presentare richiesta
motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. Con l'opposizione
alla richiesta di archiviazione la persona offesa indica, a pena di
inammissibilità, gli elementi di prova che giustificano il rigetto
della richiesta o le ulteriori indagini necessarie.
3.
Il pubblico ministero provvede sempre a norma del comma 2, nei casi in
cui la richiesta di archiviazione è successiva alla trasmissione del
ricorso ai sensi dell'articolo 26 comma 2.
4.
Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con decreto
l'archiviazione, altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al
pubblico ministero indicando le ulteriori indagini necessarie e fissando
il termine indispensabile per il loro compimento ovvero disponendo che
entro dieci giorni il pubblico ministero formuli l'imputazione.
5.
Quando è ignoto l'autore del reato si osservano le disposizioni di cui
all'articolo 415 del codice di procedura penale.
Art.
18
(Assunzione
di prove non rinviabili)
1.
Fino all'udienza di comparizione, il giudice di pace dispone, a
richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando
le forme previste per il dibattimento. Si applicano le disposizioni
previste dall'articolo 467 commi 2 e 3 del codice di procedura penale.
Art.
19
(Provvedimenti
del giudice nel corso delle indagini)
1.
Nel corso delle indagini e fino al deposito dell'atto di citazione a
norma dell'articolo 29 comma 1, competente a disporre il sequestro
preventivo e conservativo è il giudice di pace indicato nell'articolo 5
comma 2.
2.
Il giudice di cui al comma 1 decide anche sulla richiesta di
archiviazione, sull'opposizione di cui all'articolo 263 comma 5 del
codice di procedura penale, sulla richiesta di sequestro di cui
all'articolo 368 del medesimo codice, nonché sulla richiesta di
riapertura delle indagini. Lo stesso giudice è altresì competente a
decidere sulla richiesta di autorizzazione a disporre le operazioni di
intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di
comunicazioni informatiche o telematiche ovvero di altre forme di
telecomunicazione, nonché per i successivi provvedimenti riguardanti
l'esecuzione delle operazioni e la conservazione della documentazione.
CAPO
III
CITAZIONE
A GIUDIZIO
Art.
20
(Citazione
a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria)
1.
La polizia giudiziaria, sulla base dell'imputazione formulata dal
pubblico ministero, cita l'imputato dinanzi al giudice di pace.
2.
La citazione contiene:
a)
le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che
valgono ad identificarlo;
b)
l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;
c)
l'imputazione formulata dal pubblico ministero e l'indicazione delle
fonti di prova di cui si chiede l'ammissione. Se viene chiesto l'esame
di testimoni o consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a
pena di inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere l'esame;
d)
l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonché del luogo,
del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento
all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;
e)
l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia
e che, in mancanza, sarà assistito da difensore di ufficio;
f)
l'avviso che il fascicolo relativo alle indagine preliminari è
depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e
loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.
3.
La citazione è notificata, a cura della polizia giudiziaria,
all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno trenta giorni
prima dell'udienza.
4.
La citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, da un
ufficiale di polizia giudiziaria.
5.
La citazione a giudizio è depositata nella segreteria del pubblico
ministero unitamente al fascicolo contenente la documentazione relativa
alle indagini espletate, il corpo del reato e le cose pertinenti al
reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.
6.
La citazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo
ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti
previsti dal comma 2, lettere c), d) ed e).
Art.
21
(Ricorso
immediato al giudice)
1.
Per i reati procedibili a querela è ammessa la citazione a giudizio
dinanzi al giudice di pace della persona alla quale il reato è
attribuito su ricorso della persona offesa.
2.
Il ricorso deve contenere:
a)
l'indicazione del giudice;
b)
le generalità del ricorrente e, se si tratta di persona giuridica o di
associazione non riconosciuta, la denominazione dell'ente, con
l'indicazione del legale rappresentante;
c)
l'indicazione del difensore del ricorrente e la relativa nomina;
d)
l'indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali
il ricorrente conosca l'identità;
e)
le generalità della persona citata a giudizio;
f)
la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita
alla persona citata a giudizio, con l'indicazione degli articoli di
legge che si assumono violati;
g)
i documenti di cui si chiede l'acquisizione;
h)
l'indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonché
delle circostanze su cui deve vertere l'esame dei testimoni e dei
consulenti tecnici;
i)
la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere nei confronti
delle persone citate a giudizio.
3.
Il ricorso deve essere sottoscritto dalla persona offesa o dal suo
legale rappresentante e dal difensore. La sottoscrizione della persona
offesa è autenticata dal difensore.
4.
Nei casi previsti dagli articoli 120, secondo e terzo comma, e 121 del
codice penale, il ricorso è sottoscritto, a seconda dei casi, dal
genitore, dal tutore o dal curatore ovvero dal curatore speciale. Si
osservano le disposizioni di cui all'articolo 338 del codice di
procedura penale.
5.
La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della
presentazione della querela.
Art.
22
(Presentazione
del ricorso)
1.
Il ricorso, previamente comunicato al pubblico ministero mediante
deposito di copia presso la sua segreteria, è presentato, a cura del
ricorrente, con la prova dell'avvenuta comunicazione, nella cancelleria
del giudice di pace competente per territorio nel termine di tre mesi
dalla notizia del fatto che costituisce reato.
2.
Se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato querela,
deve farne menzione nel ricorso, allegandone copia e depositando altra
copia presso la segreteria del pubblico ministero.
3.
Nel caso previsto dal comma 2, il giudice di pace dispone l'acquisizione
della querela in originale.
4.
Quando si procede in seguito a ricorso sono inapplicabili le diverse
disposizioni che regolano la procedura ordinaria.
Art.
23
(Costituzione
di parte civile)
1.
La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, con
la presentazione del ricorso. La richiesta motivata di restituzione o di
risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a tutti gli
effetti alla costituzione di parte civile.
Art.
24
(Inammissibilità
del ricorso)
Il
ricorso è inammissibile:
a)
se è presentato oltre il termine indicato dall'articolo 22 comma 1;
b)
se risulta presentato fuori dei casi previsti;
c)
se non contiene i requisiti indicati nell'articolo 21 comma 2 ovvero non
risulta sottoscritto a norma dei commi 3 e 4 del medesimo articolo;
d)
se è insufficiente la descrizione del fatto o l'indicazione delle fonti
di prova;
e)
se manca la prova dell'avvenuta comunicazione al pubblico ministero.
Art.
25
(Richieste
del pubblico ministero)
1.
Entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso il pubblico ministero
presenta le sue richieste nella cancelleria del giudice di pace.
2.
Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, ovvero
presentato dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il
pubblico ministero esprime parere contrario alla citazione altrimenti
formula l'imputazione confermando o modificando l'addebito contenuto nel
ricorso.
Art.
26
(Provvedimenti
del giudice di pace)
1.
Decorso il termine indicato nell'articolo 25, il giudice di pace, anche
se il pubblico ministero non ha presentato richieste, provvede a norma
dei commi seguenti.
2.
Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, il
giudice di pace ne dispone la trasmissione al pubblico ministero per
l'ulteriore corso del procedimento.
3.
Se il ricorso risulta presentato per un reato che appartiene alla
competenza di altro giudice, il giudice di pace ne dispone, con
ordinanza, la trasmissione al pubblico ministero.
4.
Se riconosce la propria incompetenza per territorio, il giudice di pace
la dichiara con ordinanza e restituisce gli atti al ricorrente che, nel
termine di venti giorni, ha facoltà di reiterare il ricorso davanti al
giudice competente. L'inosservanza del termine è causa di
inammissibilità del ricorso.
Art.
27
(Decreto
di convocazione delle parti)
1.
Se non deve provvedere ai sensi dell'articolo 26, il giudice di pace,
entro venti giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti in udienza
con decreto.
2.
Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza non devono
intercorrere più di novanta giorni.
3.
Il decreto contiene:
a)
l'indicazione del giudice che procede, nonché del luogo, del giorno e
dell'ora della comparizione;
b)
le generalità della persona nei cui confronti è stato presentato il
ricorso, con l'invito a comparire e l'avvertimento che non comparendo
sarà giudicato in contumacia;
c)
l'avviso che ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in
mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio nominato nel decreto;
d)
la trascrizione dell'imputazione formulata dal pubblico ministero;
e)
la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.
4.
Il decreto, unitamente al ricorso, è notificato, a cura del ricorrente,
al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al suo
difensore almeno venti giorni prima dell'udienza. Entro lo stesso
termine il ricorrente notifica il decreto alle altre persone offese di
cui conosca l'identità.
5.
La convocazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo
ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti
previsti dal comma 3 lettere a),b), c), d).
Art.
28
(Pluralità
di persone offese)
1.
Il ricorso presentato da una fra più persone offese non impedisce alle
altre di intervenire nel processo, con l'assistenza di un difensore e
con gli stessi diritti che spettano al ricorrente principale.
2.
Le persone offese intervenute possono costituirsi parte civile prima
della dichiarazione di apertura del dibattimento.
3.
La mancata comparizione delle persone offese, alle quali il decreto sia
stato regolarmente notificato ai sensi dell'articolo 27 comma 4,
equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero alla remissione della
querela, qualora sia stata già presentata.
CAPO
IV
GIUDIZIO
Art.
29
(Udienza
di comparizione)
1.
Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di
comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel caso
previsto dall'articolo 21, depositano nella cancelleria del giudice di
pace l'atto di citazione a giudizio con le relative notifiche.
2.
Fuori dei casi previsti dagli articoli 20 e 21, le parti che intendono
chiedere l'esame dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché
delle persone indicate nell'articolo 210 del codice di procedura penale
devono, a pena di inammissibilità, almeno sette giorni prima della data
fissata per l'udienza di comparizione, depositare in cancelleria le
liste con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame.
3.
Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a
giudizio ovvero le relative notificazioni, vi provvede il giudice di
pace, anche d'ufficio.
4.
Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la
conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire
la conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza per un periodo non
superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività
di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti sul
territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso
dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo
utilizzate ai fini della deliberazione.
5.
In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la
remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui all'articolo 21 e
la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi
effetti della remissione della querela.
6.
Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento l'imputato può
presentare domanda di oblazione.
7.
Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se può procedersi
immediatamente al giudizio, il giudice ammette le prove richieste
escludendo quelle vietate dalla legge, superflue o irrilevanti e invita
le parti ad indicare gli atti da inserire nel fascicolo per il
dibattimento, provvedendo a norma dell'articolo 431 del codice di
procedura penale. Le parti possono concordare l'acquisizione al
fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico
ministero, della documentazione relativa all'attività di investigazione
difensiva, nonché della documentazione allegata al ricorso di cui
all'articolo 21.
8.
Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il giudice autorizza
ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o consulenti tecnici,
escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente
sovrabbondanti. La parte che omette la citazione decade dalla prova.
Art.
30
(Udienza
di comparizione a seguito di ricorso al giudice da parte della persona
offesa)
1.
La mancata comparizione all'udienza del ricorrente o del suo procuratore
speciale non dovuta ad impossibilità a comparire per caso fortuito o
forza maggiore determina l'improcedibilità del ricorso, salvo che
l'imputato o la persona offesa intervenuta e che abbia presentato
querela chieda che si proceda al giudizio.
2.
Con l'ordinanza con cui dichiara l'improcedibilità del ricorso ai sensi
del comma 1, il giudice di pace condanna il ricorrente alla rifusione
delle spese processuali, nonché al risarcimento dei danni in favore
della persona citata in giudizio che ne abbia fatto domanda.
3.
Se il reato contestato nell'imputazione non rientra tra quelli per cui
è ammessa la citazione a giudizio su istanza della persona offesa, il
giudice di pace trasmette gli atti al pubblico ministero, salvo che
l'imputato chieda che si proceda ugualmente al giudizio.
Art.
31
(Fissazione
di nuova udienza a seguito di impossibilità a comparire)
1.
In caso di dichiarazione di improcedibilità ai sensi dell'articolo 30
comma 1, il ricorrente può presentare istanza di fissazione di nuova
udienza se prova che la mancata comparizione è stata dovuta a caso
fortuito o a forza maggiore.
2.
L'istanza è presentata al giudice di pace entro dieci giorni dalla
cessazione del fatto costituente caso fortuito o forza maggiore. Il
termine è stabilito a pena di decadenza.
3.
Se accoglie l'istanza, il giudice di pace convoca le parti per una nuova
udienza ai sensi dell'articolo 27, invitando il ricorrente a provvedere
alle notifiche a norma del comma 4 dello stesso articolo.
4.
Contro il decreto motivato che respinge la richiesta di fissazione di
nuova udienza può essere proposto ricorso al tribunale in composizione
monocratica, che decide con ordinanza inoppugnabile.
Art.
32
(Dibattimento)
1.
Sull'accordo delle parti, l'esame dei testimoni, dei periti, dei
consulenti tecnici e delle parti private può essere condotto dal
giudice sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal
pubblico ministero e dai difensori.
2.
Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta
assolutamente necessario, può disporre anche d'ufficio l'assunzione di
nuovi mezzi di prova, compresi quelli relativi agli atti acquisiti a
norma dell'articolo 29 comma 7.
3.
Il verbale d'udienza, di regola, è redatto solo in forma riassuntiva.
4.
La motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma abbreviata
e depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del
dispositivo. Il giudice può dettare la motivazione direttamente a
verbale.
5.
In caso di impedimento del giudice la sentenza è sottoscritta dal
presidente del tribunale, previa menzione della causa di sostituzione.
Art.
33
(Sentenza
di condanna alla pena della permanenza domiciliare)
1.
Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna alla pena della
permanenza domiciliare, l'imputato o il difensore munito di procura
speciale, possono chiedere l'esecuzione continuativa della pena.
2.
Il giudice, se ritiene di poter applicare in luogo della permanenza
domiciliare la pena del lavoro di pubblica utilità, indica nella
sentenza il tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità che può
essere richiesto dall'imputato o dal difensore munito di procura
speciale.
3.
Nel caso in cui l'imputato o il difensore formulino le richieste di cui
ai commi 1 e 2, il giudice può fissare una nuova udienza a distanza di
non più di 10 giorni, sempre che sussistano giustificati motivi.
4.
Acquisite le richieste, il giudice integra il dispositivo della sentenza
e ne dà lettura.
CAPO
V
DEFINIZIONI
ALTERNATIVE DEL PROCEDIMENTO
Art.
34
(Esclusione
della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto)
1.
Il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all'interesse
tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato nonché
la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano
l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio
che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di
lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad
indagini o dell'imputato.
2.
Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto
d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del
fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesa alla
prosecuzione del procedimento.
3.
Se è stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuità del
fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la
persona offesa non si oppongono.
Art.
35
(Estinzione
del reato conseguente a condotte riparatorie)
1.
Il giudice di pace, sentite le parti e l'eventuale persona offesa,
dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel
dispositivo, quando l'imputato dimostra di aver proceduto, prima
dell'udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal
reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato
le conseguenze dannose o pericolose del reato.
2.
Il giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione del reato di cui
al precedente comma solo se ritiene le attività risarcitorie e
riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e
quelle di prevenzione.
3.
Il giudice di pace può disporre la sospensione del processo, per un
periodo non superiore a tre mesi, se l'imputato chiede nell'udienza di
comparizione di poter provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 e
dimostri di non averlo potuto fare in precedenza; in tal caso, il
giudice può imporre specifiche prescrizioni.
4.
Con l'ordinanza di sospensione, il giudice incarica un ufficiale di
polizia giudiziaria o un operatore di servizio sociale dell'ente locale
di verificare l'effettivo svolgimento delle attività risarcitorie e
riparatorie, fissando nuova udienza ad una data successiva al termine
del periodo di sospensione.
5.
Qualora accerti che le attività risarcitorie o riparatorie abbiano
avuto esecuzione, il giudice, sentite le parti e l'eventuale persona
offesa, dichiara con sentenza estinto il reato enunciandone la causa nel
dispositivo.
6.
Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 5, il giudice dispone la
prosecuzione del procedimento.
CAPO
VI
DISPOSIZIONI
SULLE IMPUGNAZIONI
Art.
36
(Impugnazione
del pubblico ministero)
1.
Il pubblico ministero può proporre appello contro le sentenze di
condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella
pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento per reati puniti con
pena alternativa.
2.
Il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione contro le
sentenze del giudice di pace.
Art.
37
(Impugnazione
dell'imputato)
1.
L'imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del
giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria; può
proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena
pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al
risarcimento del danno.
2.
L'imputato può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze di
condanna del giudice di pace che applicano la sola pena pecuniaria e
contro le sentenze di proscioglimento.
Art.
38
(Impugnazione
del ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato)
1.
Il ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato a
norma dell'articolo 21 può proporre impugnazione, anche agli effetti
penali, contro la sentenza di proscioglimento del giudice di pace negli
stessi casi in cui è ammessa l'impugnazione da parte del pubblico
ministero.
2.
Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile
l'impugnazione, il ricorrente è condannato alla rifusione delle spese
processuali sostenute dall'imputato e dal responsabile civile. Se vi è
colpa grave, il ricorrente può essere condannato al risarcimento dei
danni causati all'imputato e al responsabile civile.
Art.
39
(Giudizio
di appello)
1.
Competente per il giudizio di appello è il tribunale del circondario in
cui ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la sentenza impugnata.
Il tribunale giudica in composizione monocratica.
2.
Oltre che nei casi previsti dall'articolo 604 del codice di procedura
penale, il giudice d'appello dispone l'annullamento della sentenza
impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di pace,
anche quando l'imputato, contumace in primo grado, prova di non essere
potuto comparire per caso fortuito o per forza maggiore o per non avere
avuto conoscenza del provvedimento di citazione a giudizio, sempre che
in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto
di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante
consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161 comma 4
e 169 del codice di procedura penale, non si sia sottratto
volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.
CAPO
VII
DISPOSIZIONI
SULL'ESECUZIONE
Art.
40
(Giudice
dell'esecuzione)
1.
Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere
dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice di pace che l'ha
emesso.
2.
Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da diversi giudici di
pace, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto
irrevocabile per ultimo.
3.
Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da altro
giudice ordinario, è competente in ogni caso quest'ultimo.
4.
Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da un giudice
speciale, è competente per l'esecuzione il tribunale in composizione
collegiale nel cui circondario ha sede il giudice di pace.
5.
Il giudice indicato nei commi precedenti è competente anche se il
provvedimento da eseguire è stato comunque riformato.
Art.
41
(Procedimento
di esecuzione)
1.
Salvo quanto previsto nel comma 2, nel procedimento di esecuzione
davanti al giudice di pace si osservano le disposizioni di cui
all'articolo 666 del codice di procedura penale.
2.
Contro il decreto del giudice di pace che dichiara inammissibile la
richiesta formulata nel procedimento di esecuzione e contro l'ordinanza
che decide sulla richiesta, l'interessato può proporre, entro quindici
giorni dalla notifica del provvedimento, ricorso per motivi di
legittimità al tribunale in composizione monocratica nel cui
circondario ha sede il giudice di pace.
3.
Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si osservano le
disposizioni di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale.
Art.
42
(Esecuzione
delle pene pecuniarie)
1.
Le condanne a pena pecuniaria si eseguono a norma dell'articolo 660 del
codice di procedura penale, ma l'accertamento della effettiva
insolvibilità del condannato è svolto dal giudice di pace competente
per l'esecuzione che adotta altresì i provvedimenti in ordine alla
rateizzazione, ovvero alla conversione della pena pecuniaria.
Art.
43
(Esecuzione
della pena della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità)
1.
La sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto a cura della
cancelleria al pubblico ministero del circondario ove ha sede l'ufficio
del giudice individuato in base all'articolo 40.
2.
Il pubblico ministero, emesso l'ordine di esecuzione, lo trasmette
immediatamente, unitamente all'estratto della sentenza di condanna
contenente le modalità di esecuzione della pena, all'ufficio di
pubblica sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in
mancanza di questo, al comando dell'arma dei carabinieri
territorialmente competente.
3.
Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma che precede l'organo di
polizia ne consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi alla
prescrizioni in esso contenute. Qualora il condannato sia detenuto o
internato, copia dell'ordine di esecuzione è notificato altresì al
direttore dell'istituto o della sezione il quale informa anticipatamente
l'organo di polizia della dimissione del condannato. In tal caso, la
pena comincia a decorrere dal primo giorno di permanenza domiciliare o
di lavoro sostitutivo successivo a quello della dimissione.
Art.
44
(Modifica
delle modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e
del
lavoro di pubblica utilità)
1.
Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di
cui all'articolo 53, comma 3, eventualmente imposto nonché del lavoro
di pubblica utilità stabilite nella sentenza emessa dal giudice possono
essere modificate per motivi di assoluta necessità dal giudice
osservando le disposizioni dell'articolo 666 del codice di procedura
penale.
2.
La richiesta di modifica non sospende l'esecuzione delle pene; in caso
di assoluta urgenza, le modifiche possono essere adottate con
provvedimento provvisorio revocabile nelle fasi successive del
procedimento.
Art.
45
(Certificati
del casellario giudiziale richiesti dal privato)
1.
Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a norma
dell'articolo 689 del codice di procedura penale non sono riportate le
iscrizioni relative alle sentenze emesse dal giudice di pace.
Art.
46
(Eliminazione
dal casellario giudiziale delle iscrizioni relative a sentenze
del
giudice di pace in materia penale)
1.
Fermo quanto previsto dall'articolo 687 del codice di procedura penale,
sono altresì eliminate le iscrizioni relative:
a)
alle sentenze del giudice di pace di proscioglimento per difetto di
imputabilità, trascorsi tre anni dal giorno in cui la sentenza è
divenuta irrevocabile;
b)
alle sentenze del giudice di pace di condanna, trascorsi cinque anni dal
giorno in cui la sanzione è stata eseguita se è stata inflitta la pena
pecuniaria, o dieci anni se è stata inflitta una pena diversa sempre
che nei periodi indicati non sia stato commesso un ulteriore reato.
CAPO
VIII
NORME
DI COORDINAMENTO E DI ATTUAZIONE
Art.
47
(Modifica
all'articolo 6 del codice di procedura penale)
1.
Nell'articolo 6 del codice di procedura penale, dopo le parole:
"alla competenza della corte di assise" sono aggiunte le
seguenti: "o del giudice di pace.".
Art.
48
(Competenza
del giudice di pace dichiarata da altro giudice)
1.
In ogni stato e grado del processo, se il giudice ritiene che il reato
appartiene alla competenza del giudice di pace, lo dichiara con sentenza
e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Le prove
acquisite dal giudice incompetente sono utilizzabili nel processo
davanti al giudice di pace.
Art.
49
(Citazione
a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria)
1.
Ai fini dell'emissione della citazione a giudizio di cui all'articolo
20, il pubblico ministero richiede al giudice di pace di indicare il
giorno e l'ora della comparizione.
2.
La richiesta del pubblico ministero e l'indicazione del giudice di pace
sono comunicate anche con mezzi telematici.
Art.
50
(Delegati
del procuratore della Repubblica nel procedimento penale davanti al
giudice di pace)
1.
Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le funzioni del
pubblico ministero possono essere svolte, per delega del procuratore
della Repubblica presso il tribunale ordinario:
a)
nell'udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori
onorari addetti all'ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi
da coloro che hanno preso parte alle indagini preliminari, o da laureati
in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale
di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del
decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398;
b)
per gli atti del pubblico ministero previsti dagli articoli 14 e 25, da
vice procuratori onorari addetti all'ufficio;
c)
nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'articolo 127 del
codice di procedura penale, nei procedimenti di esecuzione ai fini
dell'intervento di cui all'articolo 655, comma 2, del medesimo codice, e
nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di
liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai
sensi dell'articolo 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice
procuratori onorari addetti all'ufficio.
2.
Nei casi indicati nel comma 1, la delega è conferita in relazione ad
una determinata udienza o a un singolo procedimento.
3.
La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura
penale prevede la sostituzione del pubblico ministero.
4.
Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 162, commi 1, 3 e 4,
del decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271.
Art
51
(Disposizioni
regolamentari e sulla tenuta dei registri)
1.
Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, entro centocinquanta giorni dalla pubblicazione
del presente decreto legislativo, il ministro della giustizia adotta le
disposizioni regolamentari relative ai procedimenti penali davanti al
giudice di pace, che concernono:
a)
le modalità di formazione e tenuta dei fascicoli degli uffici
giudiziari;
b)
il rilascio da parte degli uffici dei giudici di pace dei certificati
del casellario giudiziale di cui all'articolo 689 del codice di
procedura penale;
c)
le altre attività necessarie per l'attuazione del presente decreto
legislativo.
2.
Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento previsto nel comma 1 è
reso entro trenta giorni dalla richiesta.
3.
La disciplina sulla tenuta in forma automatizzata dei registri e delle
altre forme di registrazione in materia penale è adottata con decreto
del ministro della giustizia.
TITOLO
II
SANZIONI
APPLICABILI DAL GIUDICE DI PACE
Art.
52
(Sanzioni)
1.
Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali è
prevista la sola pena della multa o dell'ammenda continuano ad
applicarsi le pene pecuniarie vigenti.
2.
Per gli altri reati di competenza del giudice di pace le pene sono così
modificate:
a)
quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto
alternativa a quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena
pecuniaria della specie corrispondente da lire cinquecentomila a cinque
milioni; se la pena detentiva è superiore nel massimo a sei mesi, si
applica la predetta pena pecuniaria o la pena della permanenza
domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di
pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi;
b)
quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o
dell'arresto, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente
da lire un milione a cinque milioni o la pena della permanenza
domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena
del lavoro di pubblica utilità da venti giorni a sei mesi;
c)
quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto
congiunta con quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena
pecuniaria della specie corrispondente da lire un milione e
cinquecentomila a cinque milioni o la pena della permanenza domiciliare
da venti giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di
pubblica utilità da un mese a sei mesi.
3.
Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il giudice applica la
pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilità,
salvo che sussistano circostanze attenuanti ritenute prevalenti o
equivalenti.
4.
La disposizione del comma 3 non si applica quando il reato è punito con
la sola pena pecuniaria nonché nell'ipotesi indicata nel primo periodo
della lettera a) del comma 2.
Art.
53
(Obbligo
di permanenza domiciliare)
1.
La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere
presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero
in un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e
domenica; il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro,
di studio o di salute del condannato, può disporre che la pena venga
eseguita in giorni diversi della settimana ovvero, a richiesta del
condannato, continuativamente.
2.
La durata della permanenza domiciliare non può essere inferiore a sei
giorni né superiore a quarantacinque; il condannato non è considerato
in stato di detenzione.
3.
Il giudice può altresì imporre al condannato, valutati i criteri di
cui all'articolo 133, comma secondo, del codice penale, il divieto di
accedere a specifici luoghi nei giorni in cui non è obbligato alla
permanenza domiciliare, tenuto conto delle esigenze familiari, di
lavoro, di studio o di salute del condannato.
4.
Il divieto non può avere durata superiore al doppio della durata
massima della pena della permanenza domiciliare e cessa in ogni caso
quando è stata interamente scontata la pena della permanenza
domiciliare.
Art.
54
(Lavoro
di pubblica utilità)
1.
Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità
solo su richiesta dell'imputato.
2.
Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a dieci giorni
né superiore a sei mesi e consiste nella prestazione di attività non
retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le
Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di
assistenza sociale e di volontariato
3.
L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il
condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro
settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le
esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.
Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a
svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei
ore settimanali.
4.
La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare
le otto ore.
5.
Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità
consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di
lavoro.
6.
Fermo quanto previsto dai commi precedenti, le modalità di svolgimento
del lavoro di pubblica utilità sono determinate dal Ministro della
giustizia con decreto d'intesa con la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 28
Art.
55
(Conversione
delle pene pecuniarie)
1.
Per i reati di competenza del giudice di pace, la pena pecuniaria non
eseguita per insolvibilità del condannato si converte, a richiesta del
condannato, in lavoro sostitutivo da svolgere per un periodo non
inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi con le modalità
indicate nell'articolo 54.
2.
Ai fini della conversione un giorno di lavoro sostitutivo equivale a
lire venticinquemila di pena pecuniaria.
3.
Il condannato può sempre far cessare la pena del lavoro sostitutivo
pagando la pena pecuniaria, dedotta la somma corrispondente alla durata
del lavoro prestato.
4.
Quando è violato l'obbligo del lavoro sostitutivo conseguente alla
conversione della pena pecuniaria, la parte di lavoro non ancora
eseguito si converte nell'obbligo di permanenza domiciliare secondo i
criteri di ragguaglio indicati nel comma 6.
5.
Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro sostitutivo, le pene
pecuniarie non eseguite per insolvibilità si convertono nell'obbligo di
permanenza domiciliare con le forme e nei modi previsti dall'articolo
53, comma 1; in questo caso non è applicabile al condannato il divieto
di cui all'articolo 53, comma 3.
6.
Ai fini della conversione un giorno di permanenza domiciliare equivale a
lire cinquantamila di pena pecuniaria e la durata della permanenza non
può essere superiore a quarantacinque giorni.
Art.
56
(Violazione
degli obblighi)
1.
Il condannato che senza giusto motivo si allontana dai luoghi in cui è
obbligato a permanere o che non si reca nel luogo in cui deve svolgere
il lavoro di pubblica utilità o che lo abbandona è punito con la
reclusione fino ad un anno.
2.
Alla stessa pena soggiace il condannato che viola reiteratamente senza
giusto motivo gli obblighi o i divieti inerenti alle pene della
permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità.
3.
In caso di condanna non sono applicabili le sanzioni sostitutive
previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n.
689.
Art.
57
(Competenza)
1.
La competenza per il delitto di cui all'articolo 56 è attribuita al
tribunale in composizione monocratica.
Art.
58
(Effetti
delle sanzioni e criteri di ragguaglio)
1.
Per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di permanenza
domiciliare e il lavoro di pubblica utilità si considerano come pena
detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria.
2.
Quando per qualsiasi effetto giuridico si deve eseguire un ragguaglio
tra la pena detentiva e le pene di cui agli articoli 53 e 54, un giorno
di pena detentiva equivale a due giorni di permanenza domiciliare o tre
giorni di lavoro di pubblica utilità.
3.
Un giorno di pena detentiva equivale a lire settantacinquemila di pena
pecuniaria irrogata in luogo della pena detentiva a norma dell'articolo
52.
4.
In deroga a quanto stabilito nell'articolo 78, primo comma, numero 3 del
codice penale, la pena della multa o dell'ammenda non può comunque
eccedere la somma di lire quindici milioni, ovvero la somma di lire
sessanta milioni se il giudice si vale della facoltà di aumento
indicata nel secondo comma dell'articolo 133-bis dello stesso codice.
Art.
59
(Controllo
sull'osservanza delle sanzioni dell'obbligo
di
permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità)
1.
L'ufficio di pubblica sicurezza del luogo di esecuzione della pena o, in
mancanza dell'ufficio di pubblica sicurezza, il comando dell'arma dei
Carabinieri territorialmente competente effettua il controllo
sull'osservanza degli obblighi connessi alla pena dell'obbligo di
permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità con le modalità
stabilite dall'articolo 65, commi 1 e 2, della legge 24 novembre 1981,
n. 689, in quanto applicabile.
Art.
60
(Esclusione
della sospensione condizionale della pena)
1.
Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del codice penale,
relative alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle
pene irrogate dal giudice di pace.
Art.
61
(Interruzione
della prescrizione)
1.
Il corso della prescrizione per i reati attribuiti alla cognizione del
giudice di pace è interrotto, oltre che dagli atti indicati
nell'articolo 160 del codice penale, dalla citazione a giudizio disposta
dalla polizia giudiziaria, dal decreto di convocazione delle parti
emesso dal giudice di pace.
Art.
62
(Inapplicabilità
delle altre misure sostitutive della detenzione)
1.
Le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della
legge 24 novembre 1981, n. 689, non si applicano ai reati di competenza
del giudice di pace.
TITOLO
III
DISPOSIZIONI
FINALI E TRANSITORIE
Art.
63
(Norme
applicabili da parte di giudici diversi)
1.
Nei casi in cui i reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2, sono
giudicati da un giudice diverso dal giudice di pace, si osservano le
disposizioni del titolo II del presente decreto legislativo, nonché, in
quanto applicabili, le disposizioni di cui agli articoli 33, 34, 35, 43
e 44.
2.
Nei certificati del casellario giudiziale rilasciati a norma
dell'articolo 689 del codice di procedura penale non sono riportate le
iscrizioni relative ai reati di cui al comma 1; si osservano, altresì,
le disposizioni dell'articolo 46.
Art.
64
(Norma
transitoria)
1.
Le norme del presente decreto legislativo si applicano ai procedimenti
relativi ai reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2, commessi dopo
la sua entrata in vigore.
2.
Ferma l'applicabilità dell'articolo 2, comma terzo, del codice penale,
nei procedimenti relativi a reati commessi prima dell'entrata in vigore
del presente decreto legislativo si osservano le disposizioni
dell'articolo 63, commi 1 e 2; quando si tratta di reati commessi dopo
la pubblicazione del presente decreto si osservano anche le disposizioni
del titolo I se alla data di entrata in vigore non è ancora avvenuta
l'iscrizione della notizia di reato.
Art.
65
(Entrata
in vigore)
1.
Il presente decreto legislativo entra in vigore il centottantesimo
giorno successivo alla data della pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale.
Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E'
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
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